Si, ci sono canzoni che hanno questo specifico ruolo: farci piangere. Volete farvi un bel pianto liberatorio? Ascoltate questo pezzo, ripetutamente, dieci volte, venti volte se avete tempo. Piangete sul latte versato, sul senso della vita, sulle piaghe d’amore, su quello che vi pare. Si può piangere anche perché avete scotto le tagliatelle. Perché vostra moglie o vostro marito o compagno/a non vi capisce. Voi che chiedete così poco a chi vi sta vicino. Piangete perché siete soli anche. Quelli sono i pianti migliori. Oppure vi fa piangere quella rosa rossa in mezzo ai rami quasi spogli del mese di novembre. Ci sono ardori che ci colgono completamente alla sprovvista. E così piangete. Magari per il rincaro delle bollette. Avere piaghe d’amore su cui piangere io lo considero un privilegio, adesso che ci penso. Io piango a volte perché penso all’uomo del passato, di prima del covid. Quello che non ci sarà mai più. L’uomo che non sapeva che si poteva fare la scuola nel computer. Com’era tenero e inesperto. E a quello di prima di prima, quello di quando ero giovane e quindi piango per quell’epoca degli anni ‘80 che a quei tempi mi pareva stupida e piena di gente vestita malissimo. E ancora indietro, quello di quando non ero nata. E allora piango per i miei genitori, per quando hanno fatto l’amore per farmi nascere e questo è un pensiero che fa veramente piangere, la sesta o settima volta che ascoltate i Velvet Underground. E poi prima dei miei genitori, tutti questi umani uno dietro l’altro, uno dopo l’altro. E sento la magnifica incredibile assurdità di tutta questa catena di parenti, tutti intrecciati tra di loro, tutti rami dello stesso albero fino alle radici, e ancora più giù e fino alle stelle. E poi smetto. Mi pare chiaro che i Velvet Underground erano molto bravi a far piangere la gente di quel particolare tipo di pianto non disperato, ma sospeso tra un boccone andato per traverso e un raggio di sole che scalda i piedi. Così con uno dei miei salti pindarici vado col pensiero ai Maneskin, che mi lasciano indifferente a livello di pianti, ma sono contenta per loro, cioè se io fossi la mamma di uno di quei ragazzi sarei felice e mi dispiacerebbe che devono sopportare l’invidia di tanti italiani. Che siamo un popolo ingrato e incapace di essere felice per i successi altrui lo sappiamo, vero? Non c’è bisogno che ve lo ricordi. Mi ha stufato l’Italia, a livello di concetto, è un paese autolesionista.
Da "Una volta, all'improvviso", Bertoni Editore 2023.
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