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  • Immagine del redattoreClaudia Fofi

Facebook è alla frutta, Il lamento di Portnoy e altre parolacce.

Aggiornamento: 20 apr 2023

Facebook è alla frutta. E' inutile girarci intorno. Lo sappiamo tutti che è una palla pazzesca, Facebook. E Instagram è pure peggio. Dopo un cinque minuti di storie di Instagram o ti va il cervello in pappa e cominci ad ammiccare e fare di sì con la testa o ti rendi conto che come tu te ne freghi degli altri anche gli altri se ne fregano altamente di te e quindi ti va il cervello in pappa. Che poi, ce l'abbiamo ancora un cervello? O è come dice quel sociologo, il fascismo digitale è inevitabile e stiamo già tutti mezzi rimbambiti? Non lo so. E' stato un vortice. Io avevo voglia un tempo di scrivere i miei pensieri qui. Da quando c'è stata la pandemia mi sono ritrovata in uno spazio troppo stretto, fisicamente stretto, per i pensieri. La vocina mi dice ma che vuoi scrivere Claudia, vai a dormire che è meglio. Pensa che bello, stendersi, abbandonare la resistenza e farsi schiacciare dalla gravità, sentirsi un tutt'uno col materasso che ti ama.


Con mia figlia Pepita andiamo a camminare sul monte. Lei si porta un libro perché non vuole parlarmi, fa finta di non conoscermi. Poi però vuole leggermi il libro a voce alta e se non sto attenta s'incazza. Leggeva Il lamento di Portnoy di Philip Roth, un libro decisamente scurrile e bellissimo. Con scioltezza mia figlia mi legge quelle pagine per strada e la gente chissà che penserà, che sono una madre degenere. Che non so educare. Il libro di Roth gliel'ho consigliato io. Perché sappia che cos'è un dialogo interiore nevrotico. Non so quanto possa essere utile alla sua età, forse no, ma mica si può sempre soppesare tutto. Qualche errore va fatto, qualche parolaccia va detta e soprattutto va compresa. Prendiamo la canzone di De Andrè, Un giudice. Il cuore troppo troppo vicino al buco del culo. Ecco. Vedete, il fascismo digitale intercetterà il culo e ne farà una tragedia. Scatenatevi ora, che siete ancora in tempo per dire tutto quello che vi passa per la capa, perché prima o poi questo carnevale finisce. E' inevitabile, l'ha detto il sociologo. Quindi Facebook non è più divertente. Decisamente più interessante è passare il tempo a non comprare niente su internet. Sfoglio quei cataloghi di vestiti, riempio i carrelli all'inverosimile e poi con freddezza da killer chiudo la pagina senza comprare nulla. E' divertente. Anche comprare case non è male. O viaggi. Propositi per un cambio di vita radicale. Mandare iscrizioni per corsi di pittura en plein air. Ventilare la possibilità di farsi una chirurgia plastica, farsi fare i preventivi, le foto del naso, le tette, le rughe. Tocca disorientare l'algoritmo, ma è impossibile. E' diventato impossibile. Forse per le parolacce contenute in questo post verrò buttata fuori di qua. Sono parolacce contenute in testi di canzoni di grandi poeti. Vorrei spiegarlo a Facebook prima che agisca d'impulso.


Questo testo è contenuto nel mio libro "Una volta, all'improvviso", una raccolta di post in parte pubblicati su Facebook dalla primavera del 2020 al mese di febbraio del 2022.

Per acquistare il libro, volendo, si può andare sul sito dell'editore Bertoni o in qualsiasi store online.















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